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lunedì 31 ottobre 2011

Africa: tra siccità e carestia si rischia "catastrofe umanitaria"

Nel Corno d'Africa si rischia il disastro umanitario, ed è necessario agire subito per aiutare almeno 10 milioni di persone che soffrono la fame e la sete. 

La situazione nel Corno d'Africa (territorio di cui fanno parte Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia) sta arrivando ad una situazione umanamente insostenibile e di fatto si rischia una "catastrofe umanitaria". Mentre i Paesi ricchi spendono miliardi di euro in armamenti e guerre, almeno 10 milioni di persone sono colpite da siccità e carestie in questa già martoriata zona dell'Africa. La Caritas italiana, impegnata da anni nel Corno d'Africa per tutelare, insieme alle chiese locali la salute, la lotta all'esclusione sociale e l'istruzione, lancia un appello alla solidarietà e all'attenzione. Si tratta della "più grave siccità degli ultimi 60 anni e coinvolge 3,2 milioni di persone in Kenya, 2,6 in Somalia, 3,2 in Etiopia, 117mila a Gibuti, ed anche parte della popolazione in Eritrea" scrive la Caritas, e sottolinea: "A soffrirne sono soprattutto i bambini: in Somalia uno su tre è denutrito. Si teme che l'emergenza travolga anche Tanzania e Sud Sudan". Per questo la Caritas italiana.it sta predisponendo "un programma globale di aiuto d'urgenza riguardante i 4 paesi che verrà lanciato nelle prossime settimane". Monsignor Giorgio Bertin, Presidente di Caritas Somalia, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, descrive la situazione con queste parole: "La situazione umanitaria in Somalia è disastrosa". "Nel sud della Somalia – ha aggiunto il vescovo - gli effetti della siccità si sommano a 20 anni di vuoto politico e conflitti. Se vogliamo evitare la catastrofe umanitaria occorre agire velocemente e con grande attenzione alla complessità del contesto".
CHEBI' Onlus è impegnata da oltre due anni in Eritrea in questa lotta impari contro la fame e la sete in un contesto sociopolitico difficile. Numerosi sono stati negli ultimi due anni i container di aiuti alimentari inviati alle missioni..
In Eritrea, e sono le notizie che arrivano in questi giorni, non sta piovendo, eppure ora la pioggia dovrebbe essere la protagonista del momento, da fine maggio a fine settembre è il periodo delle piogge, ma di pioggia non se ne vede. Dall'Eritrea filtrano poche notizie, le ONG sono quasi totalmente assenti. Arrivate all'arrembaggio con l'arrivo dell'ONU a fine 2000, se ne sono scappate nel 2007/2008 mentre la situazione era in peggioramento sotto tutti gli aspetti. Il contesto difficile non favoriva più "il business" della cooperazione internazionale. Niente soldi=niente aiuti. Allora la scelta delle ONG di tutti i colori e di tutte le appartenenze è stata: via! Eppure la situazione sul campo era chiaramente in peggioramento, era piovuto pochissimo nel 2008, nel 2009 non è piovuto quasi per niente, nel 2010 poche piogge. e senza le piogge niente raccolti. Nemmeno chi come noi andando in Eritrea nel 2009, da turista e con i soldi, aveva la certezza di trovare da mangiare, figuriamoci chi senza soldi perchè senza lavoro come poteva campare. Succedeva che nella capitale nel 2009 si sopravviveva, tanta la gente per strada a tendere la mano, nei villaggi la fame totale, se eri fortunato al mercato da mangiare trovavi cipolle.
Ed ora purtroppo la storia sembra ripetersi.
Che fare? Tutto quello che si può! Non sarà mai molto, non riusciremo a sconfiggere fame e sete, ma avremo la certezza guardando gli occhi di chi disperato tende la mano, di non essere rimasti inermi, di avere fatto ciò che vorremmo fosse fatto per noi se ne avessimo bisogno.

lunedì 17 ottobre 2011

il 17 ottobre è stata la giornata mondiale contro la povertà

Ma nessuno ne ha parlato ...... anzi
da Corriere della Sera.it


Non ha molto senso riempire le prossime righe di statistiche, percentuali e numeri. Ricordiamo quelli essenziali: almeno 963 milioni di persone ogni sera vanno a dormire affamate, un miliardo di persone vive in insediamenti abitativi precari, 350.000 donne all’anno muoiono per complicazioni legate alla gravidanza, 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all’assistenza sanitaria di base, 2,5 miliardi di persone non hanno servizi igienici adeguati e 20.000 bambini ogni giorno muoiono per questa ragione.
Che la povertà sia ciò che accomuna la maggioranza degli abitanti del pianeta è un fatto noto, così come la sensazione che la porta d’ingresso per entrare in quella maggioranza sia sempre più vicina. Più che ricordare la povertà, dovremmo ricordare oggi l’impoverimento globale.
Ma oggi è anche la giornata in cui le organizzazioni non governative ricordano che esiste una terza possibilità, oltre a quella di morire chiedendo la carità o morire con un fucile in mano: lottare per l’accesso ai diritti economici e sociali, richiamando i governi al loro rispetto e alla loro applicazione.
Due anni e mezzo fa, nel maggio 2009, Amnesty International ha lanciato una campagna dal titolo perentorio: “Io pretendo dignità”. Quel titolo dice due cose: che la povertà non è solo assenza di reddito, ma anche e soprattutto assenza di diritti; che acqua, cibo, salute, lavoro, alloggio, istruzione, sicurezza sociale sono le condizioni indispensabili per una  vita degna di essere vissuta.
Quella campagna ha contribuito a un primo sviluppo importante sul piano della giustizia internazionale: l’inizio del processo di ratifica del Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, adottato dalle Nazioni Unite nel dicembre 2008. Il Protocollo consente a singole persone e gruppi di persone di chiedere giustizia agli organismi delle Nazioni Unite nel caso in cui i diritti contenuti nel Patto (quei diritti che elencavo sopra e che danno senso alla parola “dignità”) siano violati dal loro governo. Mongolia, Ecuador, Spagna ed El Salvador lo hanno ratificato. Mancano così sei ratifiche all’entrata effettiva in vigore. Possiamo sperare che quella italiana sia tra queste?
I governi di Burkina Faso e della Sierra Leone si sono impegnati pubblicamente a garantire cure mediche gratuite alle donne incinte. Alcuni dei numerosisgomberi forzati che hanno luogo quasi ogni giorno in diverse parti del mondo sono stati fermati (in Romania, Angola, Ghana) mentre in America Latina (segnatamente in Argentina e Paraguay) importanti sentenze o negoziati patrocinati dai governi hanno dato ragione alle comunità native che lottano da anni per mantenere o recuperare il possesso delle terre ancestrali.
Le aziende continuano a portare avanti attività che hanno un impatto negativo su diritti umani e ambiente, ma sempre più spesso vengono chiamate a rispondere del loro operato e come è successo per la Chevron in Ecuador e per la multinazionale Trafigura in Costa D’Avorio. Le responsabilità delle imprese petrolifere per i danni ambientali che hanno reso il Delta del Niger una delle zone più invivibili del pianeta cominciano a emergere, così come si fanno sempre più pressanti le richieste, da un lato al governo nigeriano di assicurare che le aziende rispondano dell’impatto dell’inquinamento petrolifero sui diritti umani e sull’ambiente, dall’altro alle stesse compagnie, tra cui Shell ed Eni, affinché adottino misure immediate per bonificare il territorio.
Insomma, se da un lato in questi mesi sembra che vi si sia maggiore propensione a salvare una banca e ad accudire i mercati piuttosto che a salvare e accogliere i migranti e i rifugiati a bordo di una piccola barca nel Mediterraneo, dall’altro ciò che emerge in questa Giornata è che la povertà non è un destino, non è una malattia incurabile e non è una dimensione perenne. Ci si può piombare dentro, se ne può uscire. Sta ai governi prendere le decisioni in un senso o nell’altro. E sta a tutti noi, fargliele prendere giuste e ricordare i loro doveri, le loro responsabilità e i loro obblighi, tutti i giorni.

mercoledì 12 ottobre 2011

Cresce l'allarme in Africa per le impennate e la volatilità dei prezzi alimentari


Sono la Repubblica democratica del Congo, il Burundi e l'Eritrea i Paesi al mondo dove si soffre di più la fame (dati 2011 International Food Policy Research Institute)

Ventisei Paesi, la maggior parte in Africa sub-sahariana e alcuni in Asia meridionale, hanno ancora livelli di fame estremamente allarmante. Alla vigilia della Giornata mondiale dell'alimentazione del 16 ottobre, organizzata come ogni anno dalla Fao, è stato presentato l'11 ottobre Milano, l'Indice globale della fame 2011 (Global Hunger Index), stilata fin dal 1990 dall'International Food Policy Research Institute (Ifpri) di Washington, che tiene conto di tre indicatori: la percentuale di persone denutrite, la percentuale di bambini fino a 5 anni sottopeso e il tasso di mortalità infantile.
Preoccupano alche i sui prezzi alimentari, destinati a rimanere sostenuti, come ha anche evidenziato il rapporto annuale sulla fame nel mondo "The State of Food Insecurity in the World (Sofi 2011)", redatto dalla Fao, pubblicato il 10 ottobre. Nel rapporto si legge: «i più a rischio restano i piccoli Paesi, dipendenti dalle importazioni, specialmente quelli africani».
Sono 925 milioni, stando alla stima del 2010, le persone che soffrono la fame nel mondo. Molti di loro stanno ancora pagando le conseguenze della crisi alimentare ed economica del 2006-2008. Crisi come queste - secondo Fao e Pam - «mettono a rischio gli sforzi verso l'obiettivo del Millennio di dimezzare per il 2015 il numero delle persone che soffrono la fame. Ma anche se l'obiettivo venisse raggiunto – continuano - nei Paesi in via di sviluppo rimarrebbero comunque circa 600 milioni di persone sottonutrite e questo non è accettabile».
In particolare sono la Repubblica democratica del Congo, il Burundi e l'Eritrea i Paesi al mondo dove si soffre di più la fame, ma i dati del rapporto 2011 non hanno potuto tenere conto delle conseguenze della grave siccità che ha colpito in questi mesi tutto il Corno d'Africa: Somalia, Kenya, Etiopia, Gibuti, Sudan, Eritrea e la nuova Repubblica del Sud Sudan.

lunedì 10 ottobre 2011

Mostra "Prato e le sue missioni" 9° edizione

Ieri 9 oct in p.za S. Francesco a Prato
la 9° mostra mercato "Prato e le sue missioni"
Grande la partecipazione
GRAZIE a TUTTI quanti sono venuti a trovarci

Per contributi

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