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venerdì 24 ottobre 2008

Pubblicato il rapporto di "Aiuto alla Chiesa che Soffre" - preoccupante la situazione in Eritrea


Rapporto 2008 sulla Libertà religiosa nel mondo  

IL MONDO E LA LIBERTA' RELIGIOSA
PRESENTATI I DATI DEL RAPPORTO 2008 ACS – AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE

ALLA CONFERENZA SONO INTERVENUTI : PADRE BERNARDO CERVELLERA, CAMILLE EID, MARCO POLITI, PADRE JOAQUIN ALLIENDE, PAOLA RIVETTA

La negazione della libertà religiosa è sulle pagine di tutti i giornali. Violenze e soprusi si registrano continuamente in ogni parte del mondo. Per fare il punto sulla situazione, fornire notizie, fatti, situazioni e testimonianze su avvenimenti che potrebbero rischiare di passare sotto silenzio o sfuggire all'opinione pubblica stamani è stato presentato il Rapporto 2008 sulla Libertà Religiosa nel Mondo di ACS – Aiuto alla Chiesa che Soffre. Sono intervenuti padre Bernardo Cervellera, Camille Eid, Marco Politi, padre Joaquin Alliende, Paola Rivetta.
Realizzato da ACS-Internazionale, il Rapporto - ha ricordato padre Alliende – "risponde a un'esigenza sempre più avvertita dall'opinione pubblica, di conoscere la reale situazione dei diritti umani in generale e della libertà religiosa in particolare, quale diritto inalienabile di ogni essere umano. Questo Rapporto – ha proseguito padre Alliende – si qualifica per il suo approccio non confessionale, prendendo in esame la situazione di ciascun Paese, con riferimento a ogni restrittiva fattispecie giuridico-istituzionale o ad ogni tipologia socio-culturale o ideologica."
Libertà di cambiare religione, di manifestare e praticare le proprie convinzioni religiose sia in privato che in pubblico, di sviluppare la propria vita religiosa, di trasmettere il proprio credo e di diffonderne i valori, il Rapporto analizza la presenza o la negazione della libertà religiosa in ogni nazione, fornendo dati e cifre, in molti casi, allarmanti.
"Quando si rompono le dighe della convivenza – ha affermato Marco Politi – il problema della violazione della libertà religiosa si presenta in tutta la sua valenza, al di là delle frontiere confessionali. Oggi - ha proseguito Politi -  gli Stati che rappresentano un problema sono Stati chiave per l'equilibrio mondiale: come ad esempio la Cina, dove perdura il controllo sulla libertà religiosa, o l'India, dove le violenze anticristiane di questi ultimi mesi hanno raggiunto proporzioni incredibili".
Camille Eid ha posto l'attenzione invece sugli esodi forzati di cristiani dall'Iraq, registratisi in questi ultimi mesi. "La legge approvata lo scorso settembre in Parlamento a Baghdad – ha ricordato Camille Eid -  ha  abrogato l'articolo che in minima parte garantiva la libertà religiosa dei cristiani in Iraq".  
"Cosa viene fuori dal Rapporto ACS 2008? – si è domandato padre Cervellera nel suo intervento allla conferenza stampa odierna - un dato interessante è senza dubbio che le offese alla libertà religiosa avvengono sempre meno per cause ideologiche e sempre più per motivi di potere. Il tentativo di bloccare la libertà religiosa mira soprattutto a impoverire gli Stati, mantenendo la popolazione in una situazione di schiavitù. In altre nazioni – ha proseguito padre Cervellera -  come ad esempio la Cina, il timore di aprirsi alla libertà di culto coincide con il timore di non sollecitare in senso più ampio le altre libertà. Quindi dietro lo show di facciata, basti pensare alle Olimpiadi, la situazione di chiusura e di negazione della libertà rimane alterata".

Sono oltre 60 – ancora oggi – i Paesi nei quali si contano attacchi alla libertà religiosa. Tra i Paesi del vicino Oriente l'Egitto è quello che conta il più grande numero di cristiani. In grande maggioranza appartengono alla Chiesa copto-ortodossa, gli altri fanno parte delle comunità ultra-minoritarie: copto-cattolica, armena, greco-ortodossa, greco-cattolica, caldea, maronita e latina. Delicata la situazione dell'Eritrea, dove nell'agosto 2007 le autorità hanno ordinato alla Chiesa cattolica di cedere al ministero per il Benessere sociale e il lavoro tutte le strutture sociali, quali scuole, cliniche, orfanotrofi e centri d'istruzione per le donne. Varie fonti indicano che ci sono non meno di 2mila detenuti per ragioni religiose (secondo Compass Direct News per il 95% sono cristiani, soprattutto di gruppi evangelici non riconosciuti) arrestati a partire dal maggio 2002 per la loro fede, incarcerati per mesi e anni senza accuse formali e senza processo (nonostante la legge proibisca detenzioni superiori a trenta giorni senza che sia contestata l'accusa), spesso in carceri militari, con condizioni di vita molto dure e senza assistenza medica. Ma è l'Arabia Saudita il Paese islamico in cui la libertà religiosa viene negata con maggiore evidenza, anche da un punto di vista formale. Il Regno si dichiara "integralmente" islamico, considera il Corano l'unica Costituzione del Paese e la sharia la sua legge fondamentale. Tra le minacce maggiori alla libertà religiosa in Indonesia vi è soprattutto il terrorismo. Negli ultimi anni il Paese è stato colpito da una serie di sanguinosi attentati rivendicati dalla JI, braccio locale di al-Qaeda, che ha attaccato in prevalenza obiettivi "occidentali", come chiese e ambasciate. Pur garantendo la libertà religiosa, la costituzione indonesiana non ha di fatto impedito le minacce nate da una intensa campagna di islamizzazione, portata avanti da movimenti e formazioni estremiste e contro le cui iniziative il governo stenta spesso ad intervenire. In Nigeria, invece, i più diffusi atti di intolleranza e discriminazione religiosa sono quelli lamentati dalle varie comunità cristiane presenti negli Stati più islamizzati della Nigeria settentrionale che coincidono quasi sempre con i 12 Stati che hanno introdotto nella loro legislazione la sharia.
Anche in Myanmar la situazione della libertà religiosa e dei diritti umani nel 2007 ha subito un netto peggioramento. Tra agosto e settembre monaci buddisti si sono messi a capo di un movimento pacifico contro i soprusi e le politiche repressive del regime militare che dal 1962 regge il Paese con il pugno di ferro.
In Iran la minoranza perseguitata con più violenza è quella dei Bahai, la più grande minoranza religiosa del paese, con circa 300mila fedeli. Grave anche la situazione nel Pakistan, dove lo strumento peggiore della repressione religiosa è la legge sulla blasfemia, l'esempio di legislazione più settaria e fondamentalista del Paese, che continua a mietere vittime.    
A Cuba invece le restrizioni alla libertà religiosa contribuiscono a impoverire la presenza dei giovani tra i fedeli cattolici e a far sì che, perfino tra i  praticanti, il livello di appoggio alle misure morali come l'opposizione all'aborto e al divorzio, o il gesto di sposarsi in chiesa, non siano seguiti neanche dalla metà della popolazione.
Il Rapporto ACS, tradotto in sette lingue e che quest'anno si presenta in una veste internazionale, è stato presentato contemporaneamente in Italia, Francia, Spagna e Germania.


fonte
http://www.acs-italia.glauco.it/pls/acsitalia/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=289

giovedì 16 ottobre 2008

CALEN-DIAMO - CALENDARIO 2009


Grazie alla sensibilità dello sponsor

STEFAN
al via il progetto

CALEN-DIAMO
così ogni giorno aiutamo un bambino a sopravvivere

Il Rapporto UNICEF 2008 su "La condizione dell'infanzia nel mondo - Nascere e crescere sani", evidenzia come ogni giorno nel mondo muoiano più di 26000 bambini sotto i cinque anni per malnutrizione.

L’Eritrea è al primo posto tra i paesi più poveri al mondo: secondo la FAO, il 75% della popolazione è sottonutrita. A soffrire di questa tremenda situazione sono i più deboli: bambini ed anziani.

COSA POSSIAMO FARE?
In Eritrea per acquistare ciò che serve alla preparazione di un pasto che permetta ad un bambino di vivere e crescere, bastano 4 centesimi di euro al giorno. Per sconfiggere la malnutrizione e la fame, i missionari in molti asili tutti i giorni offrono ai piccoli un pasto. Questo per molti bambini è spesso l’unico cibo della giornata.
Con solo 1500 euro insieme possiamo assicurare il pasto quotidiano per un anno ai bambini dell’asilo di un intero villaggio.

Il ricavato di questo “CALEN-DIAMO” sostiene per tutto il 2009 il programma alimentare per i 130 bambini dell’asilo di BOGGU.

PARTECIPA ANCHE TU

RICHIEDI IL TUO "CALEN-DIAMO"
DANDO IL TUO CONTRIBUTO AL PROGETTO
AIUTERAI I BAMBINI DEL VILLAGGIO DI BOGGU
AD AVERE ALMENO UN PASTO AL GIORNO
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per informazioni e per partecipare scrivi a
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mercoledì 15 ottobre 2008

NUOVA FRONTIERA: L'ERITREA ACCETTA PER ISCRITTO, ADDIS ABEBA TACE

Fonte www.misna.org 15/10/2008



Resta ancora aperta la questione della frontiera tra Etiopia ed Eitrea - a causa della renitenza di Addis Abeba - anche dopo la trasmissione del 27esimo e ultimo rapporto della commissione dell'Onu 'ad hoc' al Consiglio di sicurezza. Nel documento si rimanda alle mappe tracciate dagli esperti della commissione – che definiscono il percorso del confine - sottolineando che sono state formalmente accettate da Asmara con una lettera mentre Addis Abeba ha mantenuto finora il più totale silenzio; una situazione che di fatto non risolve il problema dei cnfini. Addis Abeba non ha in pratica mai accettato la disposizione delle Nazioni Unite per la quale deve cedere all'Eritrea la regione di Badme, un contenzioso che aveva anche portato alla guerra tra i due paesi conclusa nel 2000 con gli accordi di Algeri che tra le altre cose prevedevano proprio la costituzione di una commissione neutra incaricata di tracciare la frontiera. La pubblicazione del rapporto segue di poco più di due mesi la fine della missione Onu nei due paesi (Minuee); a fine luglio, il Consiglio di sicurezza, ritirando i 1700 caschi blu dispiegati in una zona cuscinetto alla frontiera, aveva esortato i governi di Asmara e Addis Abeba a dare prova di "massimo controllo astenendosi dal ricorso alla forza e da provocazioni di militari".



Immigrato eritreo ucciso in Egiitto mentre cerca di varcare il confine con Israele


Come ai tempi della guerra fredda la polizia russa sparava su chi tentava di passare illegalmente il confine fra le due germanie, oggi la polizia egiziana spara su chi tenta di uscire illegalmente dall'Egitto per entrare in Israele, anche se si tratta di persone già entrate illegalmente nel paese dei faraoni.

Con l'immigrato eritreo ucciso martedì, sale a 24 il numero di persone uccise nel 2008 dalla polizia egiziana mentre cercano di entrare in Israele.


ISMAILIA, Egypt, Oct 14 (Reuters) - Egyptian police trying to stem the flow of African migrants across the border to Israel shot dead an Eritrean man who tried to cross the frontier illegally on Tuesday, security sources said.

The death brings to 24 the number of African migrants killed at the border this year, and comes as both Egyptian and Israeli authorities try to tighten controls at the frontier.

Police shot the man south of the town of Rafah after he ignored orders to stop, the sources said.

Another Eritrean man was wounded in the same attempt by barbed wire along the border and was taken to hospital.

Egypt for years tolerated tens of thousands of Africans on its territory, but its attitude hardened after it came under pressure to halt a rising flow of African migrants and asylum seekers crossing the border into Israel.

Egypt cracked down in June, sending up to 1,200 Eritrean asylum seekers home despite objections by the U.N. refugee agency, which feared for their safety. Hundreds of those were then jailed in Eritrea, Amnesty International says. (Reporting by Yusri Mohamed; Writing by Will Rasmussen; Giles Elgood)

lunedì 13 ottobre 2008

FAO: I bioconbustibili causa di fame nel mondo

ANSA) - ROMA - Nel suo rapporto annuale sullo stato dell'alimentazione e dell'agricoltura la Fao boccia le politiche che incoraggiano la produzione e l'uso del biofuel in Europa e negli Usa: manterranno la pressione sui prezzi del cibo che aumenteranno esponenzialmente nei prossimi 10 anni, mentre avranno solo un impatto trascurabile sull'affrancamento dal petrolio. Se la richiesta di scorte per il biofuel salisse del 30% (rispetto al 2007) entro il 2010, si legge nel rapporto, si avrebbe un aumento dei prezzi dello zucchero del 26%, del mais dell'11% e degli olii vegetali del 6%. Un costo troppo alto da pagare.Gli attuali e futuri incentivi e sussidi alla produzione di biocombustibili dovrebbero essere completamente ripensati per mantenere l'obiettivo della sicurezza alimentare mondiale, proteggere i contadini poveri, promuovere il generale sviluppo rurale ed assicurare la sostenibilita' ambientale. Le speranze risiedono nella prossima generazione di biocombustibili, attualmente in fase di sviluppo ma non ancora disponibili sul mercato, che impiega come materia prima legno, piante erbacee, e residui agricoli e forestali, e che potrebbe migliorare l' equilibrio dei biocombustibili in termini di gas serra ed energia fossile. E gli investimenti pubblici dovrebbero quindi essere indirizzati nella direzione della ricerca, specialmente verso lo sviluppo delle tecnologie innovative che, se ben concepite e applicate, fanno ben sperare per la riduzione delle emissioni di gas serra ed allo stesso tempo per una minore pressione sulle risorse naturali. La produzione di biocarburanti basata su prodotti agricoli e' piu' che triplicata tra il 2000 ed il 2007, ed ora copre quasi il due per cento del consumo mondiale di carburanti per il trasporto. Questa crescita si prevede continuera', ma il contributo dei biocombustibili liquidi (per lo piu' etanolo e biodiesel) all'energia per il trasporto, ed in generale all'uso globale di energia, rimarra' modesto. Nonostante questa limitata importanza dei biocombustibili liquidi in termini di fornitura di energia a livello globale, la domanda di materie prime agricole (zucchero, mais, semi oleosi) per la loro produzione continuera' a crescere nel prossimo decennio, e forse anche dopo, determinando un inevitabile rialzo dei prezzi alimentari secondo la Fao, le opportunita' per i paesi in via di sviluppo di trarre vantaggio dalla domanda di biocarburanti potrebbero aumentare solo a condizione che vengano aboliti i sussidi attualmente dati all'agricoltura ed alla produzione di biocarburanti e le barriere commerciali, che creano un mercato artificiale ed al momento servono solo a favorire i produttori dei paesi industrializzati. E secondo il bilancio non sarebbe positivo neppure dal punto di vista ambientale: mentre alcuni prodotti di base destinati alla produzione di biocombustibili, come lo zucchero, possono far diminuire sensibilmente le emissioni, questo non accade per molti altri. Il maggiore impatto dei biocombustibili sulle emissioni di gas serra e' determinato dal cambiamento di destinazione d'uso della terra come ad esempio le pratiche di deforestazione introdotte per soddisfare la maggiore domanda di prodotti agricoli. Si tratta di effetti che potrebbero essere ridotti attraverso l' introduzione di criteri di sostenibilita' basati su norme stabilite a livello internazionale ma senza creare nuove barriere commerciali per i Paesi in via di sviluppo. La parola dunque torna alla ricerca e all'innovazione. (ANSA).

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